Cosa lega una nota marca di zuppe in scatola con il mondo dell’arte?
Semplice: Andy Warhol! Pseudonimo di Andrew Warhol Jr., nasce a Pittsburgh il 6 agosto del 1928 dopo un infanzia in povertà sbarca a New York diventando il maggiore esponente del movimento della Pop Art. Pittore, sceneggiatore, regista, scultore, insomma artista poliedrico è ossessionato da tutto ciò che può essere considerato Pop e commerciale.
È proprio su questa visione artistica del concetto consumistico e globalizzante che si fonda il suo pensiero. “In the future everyone will be world famous for 15 minutes” (Nel futuro ognuno sarà famoso nel mondo per 15 minuti) questa celebre frase dell’artista racchiude in poche parole quello che è la sua ricerca nella cultura Pop del tempo. Un ragionamento sull’arte che si può consumare e usare, come un qualsiasi oggetto quotidiano di cui avremo bisogno fino alla prossima necessità, proposta in modo incalzante dai mass media dai quale siamo costantemente bombardati per perpetrare un loop consumistico da cui è difficile uscire.
È proprio con questo concetto che Warhol viene spinto a proporre l’opera 32 Campbell's Soup Cans. Opera realizzata nel 1962 che consiste in trentadue tele in polimero sintetico su tela, ciascuna grande 51 cm × 41 cm, raffiguranti tutte le varietà dei barattoli di zuppa Campbell allora in commercio, prodotti con una tecnica di stampa serigrafica semi-meccanizzata. È la serialità delle tele nella cultura popolare che ha reso la Pop Art il movimento artistico più famoso negli Stati Uniti. Una normalissima lattina di zuppa, che tutti possono avere nella propria dispensa in casa, a cui viene riconosciuto un livello divino innalzandola ad opera d’arte.
Con la rottura artistica data dalle avanguardie all’inizio del XX secolo e le prime opere di Duchamp, la storia dell’arte viene portata ad un nuovo step culturale; non più arte per pochi eletti ma alla portata di tutti. Non più arte del bello e della tecnica, ma arte del concetto dove alla base sta il mondo della psiche dell’artista.
Sulla genesi dell’opera ci sono diversi aneddoti che cercano di spiegare come Warhol abbia avuto questa geniale idea. Sembrerebbe infatti essere stato Muriel Latow, uno dei suoi assistenti artistici commerciali a suggerire l'idea sia per i barattoli delle zuppe che per i primi dipinti verso la fine degli anni '50. Latow, allora un aspirante decoratore d'interni e proprietario della Latow Art Gallery negli anni '60 a Manhattan (New York), suggerì all’amico artista di dipingere "qualcosa che vedi ogni giorno e qualcosa che tutti riconoscono, qualcosa come una lattina di Campbell's Soup". Warhol sembrò considerare "favoloso" il suggerimento dell'amico e il giorno successivo Warhol andò al supermercato e comprò una cassa contenente "tutte le zuppe".
Un’altra storia racconta che quando il critico d'arte G.R. Swenson chiese a Warhol, nel 1963, il perché avesse deciso di rappresentare barattoli di zuppa, l'artista rispose:
“Io le bevevo, avevo lo stesso pranzo ogni giorno, per vent’anni".
In un'intervista successiva per il periodico londinese The Face del 1985, Warhol menzionò i fiori di latta che sua madre creava considerandoli uno dei motivi alla base dei suoi primi dipinti a barattolo di latta:
«David Yarritu: - Ho sentito che tua madre era solita fare questi piccoli fiori di latta e venderli per aiutarti a sostenerti nei primi tempi.
Andy Warhol: - Oh Dio, sì, è vero, i fiori di latta sono stati fatti con quei barattoli di frutta, ecco perché ho fatto i miei primi quadri di latta ... Prendi un barattolo di latta, più grande è il barattolo di latta meglio è, come quelli in formato famiglia, come quelli in cui entra metà pesca, e penso che li tagli con le forbici. È molto semplice e devi solo farne dei fiori. Mia madre aveva sempre un sacco di lattine in giro, comprese le lattine di zuppa.»
Sappiamo che l’artista da giovane non aveva grandi risorse economiche e che, anche una volta raggiunta la notorietà, spesso amava nutrirsi di cibo pronto o da fast food, nulla di troppo elaborato e facilmente accessibile a chiunque.
Diverse storie sostengono che la scelta di lattine di zuppa di Warhol riflette la sua stessa avida devozione alla zuppa di Campbell. Robert Indiana affermò a tale riguardo: “Conoscevo Andy molto bene. Il motivo per cui dipinge lattine di zuppa è che gli piaceva la zuppa.” I suoi pranzi quotidiani nel suo studio consistevano in zuppa Campbell, quindi la sua ispirazione venne dal vedere le lattine vuote accumularsi sulla sua scrivania.
Indipendentemente dalla spinta iniziale che portò Warhol a scegliere proprio le lattine Campbell è innegabile che l’attenzione a quello che per la massa è un semplice oggetto di uso quotidiano, per questo eccentrico artista diventa più che oggetto, perde la sua funzione primaria di uso domestico, raggiungendo un concetto secondario comunicativo che ci spinge a chiederci ancora una volta cosa è arte? E soprattutto siamo noi a definire ciò che è arte o è l’arte stessa che definisce ciò che noi pensiamo?
Davide Trogu si appassiona all’arte molto presto, studia al liceo artistico e si laurea nel 2015 in Didattica dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo. Durante gli studi scopre un grande amore per l’arte contemporanea e questo lo porta a collaborare con spesso con diversi musei palermitani nel ruolo di mediatore culturale. Oggi lavora con Coopculture presso importanti luoghi di interesse nella sua città: il Palazzo della Zisa, il Museo Archeologico Salinas, l’Orto Botanico, il Chiostro dei Benedettini di Monreale e il sito Archeologico di Monte Jato.
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