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Il museo archeologico è un album di famiglia


Secondo il mio concetto il museo ha da essere scuola; se ne vogliono far un carcere di monumenti, allora comprino chiavistelli e chiamino un buon carceriere.” [A. Salinas]


Spesso visitare un museo archeologico viene interpretato come massimo grado di supplizio: vecchi oggetti sconosciuti esposti alla bell’e meglio, aria ferma, sguardo severo del personale di accoglienza. Ci si ritrova a vagare senza nessuna meta precisa, fotografando spasmodicamente i reperti esposti, in attesa di una qualche rivelazione che arrivi dell’alto.

Archaeology Switzerland – National Museum, Zurich

Tuttavia parte di quell’aura magica e misteriosa che per secoli ha avvolto l’oggetto archeologico viene oggi diradandosi, lasciando spazio ad una visione più obiettiva e scientifica: i reperti archeologici non sono così “lontani di senso” come ancora spesso vengono recepiti, ma sono al contrario la manifestazione tangibile di culture attive, sebbene lontane nel tempo.


Nel IX Ciclo di Lezioni sulla ricerca applicata in Archeologia, tenutosi ben ventidue anni fa, gli interventi di Becchetti e Lanciano ci fanno notare come i nostri predecessori abbiano affrontato problemi simili ai nostri, come si siano dovuti occupare dei trasporti, della comunicazione, di costruire abitazioni, produrre abiti, curare la collettività.

In quest’ottica il museo archeologico deve porsi come un fondamentale mediatore tra il passato e il presente, garantendo l’esposizione corretta degli oggetti ed esaltandone le qualità narrative intrinseche.

Il museo comunica, crea un racconto di cui il visitatore è parte integrante: egli deve essere coinvolto, emozionato, ma deve sempre essere posto davanti alla giusta contestualizzazione del reperto, che per via dei mutamenti culturali ci appare spesso arcano ed indecifrabile.

Ed insieme a questo compito già complesso, il museo deve porsi come un mezzo per comprendere e diffondere la consapevolezza dell’identità collettiva, come sottolinea Paolo Togninelli, direttore del Museo Archeologico e Multimediale di Monterotondo.

Oggi più che mai il museo sente il bisogno di connettersi con il territorio, di trasformarsi, di crescere: si avvicina al visitatore, lo rende partecipe di una storia troppo spesso sconosciuta o dimenticata.

Attraverso i reperti archeologici abbiamo la possibilità di vedere, di riflesso, noi stessi.


Museo Archeologico dell'Alto Adige

Ci si domanda sempre sbuffando perché sia necessario studiare storia, e la risposta è in verità molto semplice: studiare la storia permette di comprendere il presente.

Sembra una fase fatta, uno di quei luoghi comuni da sciorinare seduti al tavolino di un bar, eppure… Eppure la comprensione del contesto in cui viviamo comincia con radici lontane.

Come prendere un vecchio album di famiglia e osservare le foto alla ricerca di volti familiari cui connettere il proprio presente.

Il museo archeologico è un album di famiglia, è un nostro prezioso alleato, e al pari di una esposizione di arte contemporanea in cui confluiscono pensieri, culture differenti e tematiche quotidiane, così anche una buona e corretta esposizione dei reperti archeologici si apre all’uomo “moderno”, ai suoi bisogni ed esigenze.

Il museo è più di una semplice collezione di manufatti: il museo è un luogo in cui creare il confronto, il dibattito, discutere idee e creare un nuovo livello di memoria.


Per un progetto così si crea la necessità della multidisciplinarità all’interno di un museo: un buon progetto scientifico non è merito di un singolo, ma di un gruppo di progettazione. La collaborazione tra specialisti di diversi settori deve mirare a riportare idealmente l’oggetto a comunicare con noi, ricostruendo il contesto ambientale e storico, rendendo l’esposizione fruibile a tutti, curando l’apparato didattico e provvedendo sempre alla tutela e conservazione dei reperti: esperti in discipline scientifiche, in conservazione, in comunicazione di massa, in didattica e pedagogia, museologi, museografi, esperti in marketing, tecnici… Tante sono le competenze necessarie per la riuscita di un progetto completo e variegato. Sarebbe impossibile altrimenti! Un allestimento corretto e coinvolgente, una buona comunicazione, attività rivolte alla comunità: sono alcuni dei progetti fondamentali cui il museo deve fare riferimento.

Museo Egizio di Torino

Sono tante le domande da porre, e ancora di più sono le risposte da dare, e per non annoiare il lettore si propone qui una breve riflessione, un’idea, qualcosa su cui ritornare.

In un’epoca in cui si ribadisce l’importanza del “non dimenticare”, in cui ci imbattiamo goffamente in situazioni a noi aliene, distanti anni luce, la comprensione di quel che è stato risulta fondamentale.

Il museo ci invita come un vecchio amico, ci invita all’ascolto, alla comprensione, ci aiuta nella costruzione di un futuro un po’ meno tenebroso.


I musei possono ispirare, educare, informare; possono stimolare la creatività, allargare gli orizzonti, spingere le persone a nuovi modi di guardare il mondo, combattere gli stereotipi, generare emozioni, progetti, ricordi. E’ proprio questa capacità di coinvolgere, di offrire esperienze, che trasforma questo luogo in un vero e proprio organismo che respira insieme al suo pubblico, alle atmosfere e alle storie che racconta”. (C. Pecoraro)



di Laura Gullotta

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