Spiral of the Galaxy è un’opera di Marc Quinn parte del ciclo The Archaeology of Art esposto nel 2013 sul molo di San Giorgio a Venezia. Si tratta di cinque colossali conchiglie di bronzo dorato “stampate” ad alta definizione, fra le riproduzioni 3D più grandi al mondo. La loro realizzazione avviene fornendo al computer il codice biologico che genera gli originali.
Quest’opera è la prova dell’interdipendenza fra reale e virtuale, attuata attraverso una prassi artistica per cui la realtà entra in simbiosi con il “sublime tecnologico”.
L’artista nello specifico mutua dalla natura non le morfologie, ma i funzionamenti.
Spiral of the Galaxy di Quinn non è altro che un ammonite, gruppo di molluschi estinti, ed è proprio per questo che potremmo azzardare il termine “archeologia artistica”.
La conchiglia di ammonite, scientificamente intesa, si suddivide internamente in diverse camere, di cui solo una è occupata generalmente dal mollusco: quella che possiamo definire “camera d'abitazione”. Le altre sono "camere d'aria" che controllano il galleggiamento dell'organismo.
Plinio il Vecchio nel trattato Naturalis Historia definì i fossili di questi animali Ammonis cornua, "corni di Ammone", in quanto ricordano la forma di un corno. Le ammoniti sono considerate i fossili per eccellenza, tanto da essere spesso utilizzati come simbolo grafico della paleontologia.
Dopo una breve premessa scientifica, possiamo soffermarci sull'opera di Marc Quinn: la conchiglia è stata scansionata in tre dimensioni, attraverso uno stampo e, in seguito, fusa in bronzo. La figura risultante è familiare per proporzioni interne e la superfice ma, allo stesso tempo, conduce il fruitore su un terreno sconosciuto: la dimensione eccessiva è alienante, la scala trasforma il fossile in una solida forma assimilabile all’architettura circostante; alla stessa maniera di un edificio infatti questa occupa lo spazio pubblico e ha un impatto sull'ecosistema urbano.
Nella forma a “spirale” l'impulso è olistico e metafisico: è evidente un forte desiderio di tradurre la sostanza della vita in immagine tangibile. Tuttavia, subendo il modello di conchiglia questa alterazione di materiale, scala e collocazione, l'opera resta sospesa tra il reale e il fantastico. Quinn ha definito le conchiglie dei ready-made scultorei preesistenti nel mondo naturale, esaltandone la perfezione. Questo elogio si riferisce non solo alla complessità delle loro forme ma anche alla meraviglia della loro produzione naturale. La natura è una e molteplice.
I criteri attraverso cui una società misura la fragilità e la forza, l'effimero e la resistenza, persino la vita e la morte, sono il centrali di tutta l’arte di Marc Quinn. Nel corso della sua carriera l’artista ha esplorato i margini instabili della vita e i significati connessi ad essi: l'interconnessione vitale di tutte le forme di vita nel tempo e la prospettiva di vivere in armonia con la natura e gli altri individui. Ciò che sta alla base del lavoro dell'artista è quella che è stata definita dalla critica “estetica repellente” ovvero una pratica che prende linfa dal disgusto e ha creato sempre un disorientamento nei confronti dei concetti di “normalità” nel sociale e di “canone” nelle arti.
Dunque possiamo sostenere che il visitatore che si avvicina alle opere di Quinn non deve e non può rapportarsi ad esse con raziocinio, ma dovrà inevitabilmente abbandonandosi a una specie di inquietante curiosità cogliendo nell’opera i sentimenti che questa suscita, vicini al sublime.
di Ombretta Zora
Ombretta Zora, classe 1993, specializzanda in progettazione dei sistemi espositivi e museali, direttrice artistica presso il centro fotografico Phôs Graphè, Palermo, membro del comitato scientifico della manifestazione I-Design. Ha collaborato con diversi artisti di fama internazionale come Hermann Nischt, Regina Josè Galindo, Thomas Lange e Shay Frisch, e con la Fondazione Fiumara d'Arte.
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