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Museo, parco divertimenti o laboratorio scientifico? Lo straniante mondo di Carsten Höller.



Museo, parco divertimenti o laboratorio scientifico? Dove ci troviamo?

È questo che ci si chiede entrando in una qualsiasi mostra dedicata a Carsten Höller!

Di fronte a noi non quadri alle pareti o sculture da contemplare ma scivoli, funghi che pendono dal soffitto e dadi giganti! Oggetti interattivi che coinvolgono l’insieme dei nostri sensi e acquistano valore e senso solo quando entrano in sincronia con il pubblico.

Attraverso un approccio sia ludico che sperimentale, Höller cerca di sopraffare i visitatori, rompendo il modello tradizionale di fruizione. Il visitatore, abitualmente spettatore passivo, viene chiamato ad interagire fisicamente con le opere con cui si confronta. Da una visione fredda e asettica ad un’esperienza profondamente viva che prevede anche il muoversi nell’opera e con l’opera.


Per comprendere i suoi lavori è innanzitutto necessario porre l’accento sul suo singolare background, di cui la sua estetica risente particolarmente. Infatti, l’artista tedesco, nato a Bruxelles nel 1961, è laureato in scienze agronomiche, con un dottorato sul comportamento degli insetti.



Carsten Holler, Dice (2014). Decision - Hayward Gallery- London 2015. Foto di Linda Nylind

Solo a partire dagli anni Novanta accantona l’attività di entomologo per rivolgere la sua attenzione alla pratica artistica. Provando a saldare rigore scientifico e sensibilità poetica, Höller usa le sue opere per studiare l’instabile stabilità dell’esperienza umana e per farlo disorienta e provoca lo spettatore. Crea situazioni o esperienze che invitano a una partecipazione attiva, rendendoci attori e co-autori dei lavori esposti.


Proprio come Alice nel Paese delle Meraviglie ci imbattiamo in avventure a cavallo tra realtà e finzione. Un semplice dado, simbolo dell’ignoto, diventa di dimensioni enormi tanto da potervi accedere; o ancora osservando attraverso un paio di Upside Down Goggles, veniamo catapultati in un mondo al contrario. Ma il rischio di sentirsi in una fiaba diventa quasi certezza quando vediamo pendere dal soffitto una foresta di giganti funghi allucinogeni. 

Carsten Höller, Upside Down Mushroom Room. Foto Attilio Maranzano. Courtesy Fondazione Prada

L’artista sconvolge le nostre abitudini percettive, gettandoci in uno spazio fortemente straniante e inaspettato che oscilla, come afferma lui stesso, tra “una sensazione di gioia e una di smarrimento”. Come accade nelle sue celebri giostre dall’andatura lenta e indecisa, in cui viene messo in discussione il nostro modo di percepire la realtà e il valore del tempo.

Utilizzando i visitatori quasi come “cavie” per esperimenti psicologici, sviluppa una ricerca basata sull’esplorazione e sullo studio del rapporto tra l’individuo e le diverse condizioni emotive. L’opera d’arte è quindi incompiuta fin quando non entra in contatto con il pubblico e i musei non sono più spazi statici in cui esporre le opere ma luoghi di accadimenti.

A renderlo famoso è soprattutto il ciclo degli scivoli che, come lui stesso afferma, favoriscono la «perdita dell'orientamento». Esposti anche al Tate di Londra nel 2006, sono approdati proprio quest’anno a Firenze, nel progetto chiamato The Florence Experiment, in cui due monumentali e vorticosi scivoli, installati a Palazzo Strozzi, conducevano i visitatori dal loggiato del secondo piano fino al cortile del piano terra. Definiti dall’artista come «generatori di ebbrezza e felicità», gli scivoli sono capaci di condizionare e modificare il nostro stato d’animo, provocando spaesamento ed eccitazione.

Carsten Höller e Stefano Mancuso, The Florence experiment, scivoli a Palazzo Strozzi. Foto Copyright: palazzostrozzi

Dai progetti meramente concettuali alle elaborate installazioni architettoniche, l'arte contemplativa non basta più a se stessa e le opere di Höller ci coinvolgono e ci avvolgono fisicamente. I suoi lavori sono inviti a perdere il controllo, a ritrovare la curiosità infantile e abbandonarsi all’esperienza per ritrovare il gusto della sperimentazione. Il desiderio di superare quel che si ritiene “costringente” torna a farci sentire vivi.



di Maria Laura Fascetta



Appassionata d’arte e di fotografia, Maria Laura Fascetta ha vissuto tra Pisa e Milano durante gli anni universitari ma l’amore per la sua terra l’ha riportata sotto il sole cocente della Sicilia. Laureata al corso magistrale di Arti Patrimoni e Mercati dell’Università Iulm di Milano, ha lavorato per diversi musei e gallerie d’arte. Il suo sogno? Vedere il mondo!




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